SICILIA:
diario di viaggio di Antonia Scaligine

 
  Gennaio 2008 (primi giorni dell'anno)

-Erice - Palermo - Mondello - Monreale- Brevi stralci tra acrostici alla scoperta della Sicilia occidentale l'ostrica siciliana che è riuscita a regalarci delle vere perle. La nostra guida spirituale ha scelto come base per le nostre escursioni, -Erice-Palermo-Mondello-Monreale- Brevissimo viaggio per ben iniziare il nuovo anno duemilaotto, tra le radici nere e vermiglie del mondo l'isola è una mischia di luce e lutto irripetibile ambiguità psicologica e morale. Necessaria per i giovani per crescere da uomini. Capire la Sicilia significa per un siciliano, capire se stesso, assolversi o condannarsi" (Gesualdo Bufalino). Siamo arrivati all "u Strittu" braccio di mare che collega il mar Ionio con il mar Tirreno, tra due città Messina e Reggio, tra lo spirare del violento vento tra il fluire di correnti marine, tra il miraggio della Fata Morgana. Raro fenomeno che si manifesta nelle calde giornate estive, effetto dovuto alla rifrazione del sole che attraverso diversi strati di area la luce viene per certi versi "spalmata" in verticale, e gli oggetti in lontananza assumono le sembianze di torri ed obelischi si può vedere anche la Sicilia più vicina del normale con immagini distorte e riflesse sul mare.

Scriveva il poeta e latinista Diego Vitrioli:
Al venire della Dea...
un vitreo vel si stende
tra le italiche prode e le sicane
Ve', Ve', sul crespo mar quante parvenze!
Templi, castella, archi, palagi e alfine
tutta in alto ondeggiar vedesi Zancle.
Guarda ognun le confuse aëree tinte
e i prati e il lido, che la spuma inalba
ed invece d'un legno e d'un sol pesce
ben cento pesci, e cento legni ammira.
É patria mia la Brezza
mi allevò Calliope col miele delle Pieridi.
E Pascoli rispondeva: e vedendo uscir dalla sua grotta di conchiglie iridescenti la fata Morgana e addensare con la spola arguta del vento sull'ordito della bonaccia la sua trama variopinta, e distendere la meravigliosa tela in cui ondeggiano le città e si moltiplicano le cose, ripeterà il tuo nome, come di mago non impari e non diverso, o Diego Vitrioli".

Acrostico Sicilia

Stupenda mi appari dal traghetto e il cuore si riempie di gioia, lo sguardo vola da una parte all'altra da Scilla, [mostruosa creatura che dopo essere stata trasformata da Circe in un mostro si nascondeva nella grotta, cibandosi di pesce, seminando terrore tra gli incauti naviganti, Scilla assume la forma, unica al mondo, di un aquilotto con le ali dispiegate, il cui corpo centrale è costituito dal quartiere alto della cittadina. La leggenda vuole che l'unica creatura incapace di provare orrore per la mostruosità di Scilla fosse lo "Xiphias gladius", meglio conosciuto come pesce-spada, che durante la stagione degli amori raggiungeva in grossi branchi questo tratto di mare proprio per corteggiarla. Da qui l'abbondanza di pesce-spada lungo lo Stretto, che è motivo di una pesca tradizionale] a Cariddi, [nome attribuito al vortice garofalo creato dalla corrente nello Stretto di Messina, al largo di Capo Peloro. Nell'Odissea, Omero narra che Cariddi dimorava invisibile sotto uno scoglio dominato da un fico selvatico, intenta ad ingoiare e rigettare i flutti del mare. "Paurosamente ingoiava l'acqua salsa del mare, ma quando la vomitava, come su grande fuoco caldaia, tutta gorgogliava sconvolta: dall'alto la schiuma pioveva giù, sulle cime d'entrambi gli scogli". Quando, il mostro ingoiava i flutti, la rupe opposta, invece, rintronava terribilmente, la terra si apriva rivelando il fondo del mare con le sue sabbie". Guardavamo Cariddi, paventando la fine].

Isola che spinge a ripercorrere con la mente il mitologico percorso gioiosamente.

Circondata da soffi di zolfo, di fiori e di frutta e dal fruscio che rende malevole l'attuale realtà che ci ingiunge di accettare, seppur con riluttanza, un passato che avremmo voluto rinnegare o dimenticare: un passato di prevaricatori e sottomessi, di violenze materiali e morali, di glorie e di inesorabile mestizia, di illusioni e di stanche rinunce.

Insenatura d'approdo dove tutto parla di un passato grandioso terra che scoppia ad ogni suo passo come una spremuta i un'arancia d'oro nella sua conca d'oro.

La Trinacria come era chiamata dove pasce il gregge del sole come Omero descrisse nell'Odissea.

I paesi si specchiano nella fresca aria mentre si bagnano nella verde acqua e il cielo azzurro da lassù la bacia.

Appare silenziosa nella trasparenza notturna rumorosa nella bellezza diurna nell'aria senza vento è di ornamento un monumento per ogni viaggio di godimento.

Dal pullman guidato dall'esperto Tonino Santoro, possiamo ammirare le bellezze di Cefalù, che delle sue antiche origini rimangono poche tracce, infatti, si presenta agli occhi del turista come una città assolutamente normanna, dominata dalla rocca e impreziosita dall'elegante cattedrale. Ci siamo appena inoltrati in uno dei paesi più mitologico Erice. Sorge sulla cima di un monte solitario che domina su Trapani, la vallata ed il mare. Ci soffermiamo solo per tre ore nei dintorni di Erice, avvolta da una nebbia e da nubi nere con un freddo pungente e una pioggerellina silenziosa, impalpabile, ma fitta che occulta gli sguardi e ne rende indefiniti i suoi contorni. Lassù a 751 m di altezza, viene rispecchiata la tipica cultura siciliana: case costruite col tufo giallo e caloroso e spesso dipinte di bianco e dei colori della terra.Vi sono tracce delle antiche botteghe medioevali, i così detti "Balatari" che prendevano il nome della "Balata", la pietra d'appoggio alla quale si affacciava il venditore ERICE luogo dove si vive tra passato e futuro antichità e scienza Venere e Zichichi rocca medioevale con castello e alte mura. Le sue origini sono antichissime e misteriose, avvolte dalla leggenda greca. Entrando dalla "Porta Trapani", si incontra quasi subito la "Chiesa Matrice", in stile neogotico, del XVIII secolo tranne il presbiterio ed alcune cappelle del '500 -si custodiscono dipinti e sculture risalenti al periodo compreso fra il '400 ed il '600-. Di fronte ad essa si eleva il "campanile", la cui costruzione è attribuita da alcuni a Federico d'Aragona. La via Calvini è collegata da numerose "vanelle" con massi calcarei, alcuni dei quali recano incise lettere fenicie. Il Castello sorge sulle rovine dell'antico tempio dedicate a Venere. Del tempio furono rinvenuti, al principio di questo secolo, alcuni torrioni e frammenti di cornice, risalenti al rifacimento romano. Più tardi, si trovarono anche i resti di un pavimento musivo. Quando il sole si riflette sulla città, buca la nebbiolina e la ricaccia giù, verso la valle, allora sì che si sta come su una nuvola, su un tappeto volante. Percorrendo le strade del borgo, è facile non incontrare nessuno. Forse per questo, nella solitudine si può godere meglio del panorama di Trapani con le sue saline, e le isole Egadi, adagiate sul mare. A volte, quando l'aria è proprio limpida, si intravede Ustica, e, ancora più lontano, il profilo di Pantelleria, di Capo Bon, molto vicino c'è la splendida isola di Favignana. Virgilio scrive che Enea sbarcò sulle coste del monte Erice e lì seppellì il padre Anchise. Non manca uno speciale itinerario enogastronomico con tutti i suggerimenti, le tradizioni e le ricette delle specialità della cucina siciliana. Ospita infine la sede del Centro Internazionale di Cultura "Ettore Majorana", all'interno dell'ex Conservatorio-Monastero di San Pietro.

Acrostico Erice

Era nota per il tempio a Venere.

Radici mitiche donano al viaggiatore la sensazione di essere fuori del tempo reale.

Isolata, arroccata con mura ciclopiche che circondano la cittadina con strade acciottolate con dei mosaici tra muri di pietre a secco che segnano le pareti ininterrotte delle case, non c'è anima viva, non si vede e né s'ode persona alcuna. Occorre sostare a lungo per comprendere il segreto di questa città del silenzio: la sua vita si espande nei cortiletti, separati dalle strade a mezzo di muri senza aperture e con botteghe di ceramica e di tappeti e i suoi cannoli che si abbinano con i buoni vini siciliani.

Cittadina dall'aria medioevale fresca sul monte Erice. Personaggio mitico ucciso da Ercole.

E la fama della leggenda ancora è viva, insieme a Venere Ericina a chi si addentra nel centro storico c'è ancora l'aroma del mito e dei dolci i mostaccioli di cannella e di garofano.

Uno scorcio di Trapani riusciamo a vederlo restando con gli occhi spalancati ed attaccati ai vetri dei finestrini del pullman, prima di arrivare a Palermo Le sue origini sono avvolte nella leggenda. Su questi lidi si avvicendarono numerose popolazioni, più o meno fantastiche. A cominciare dai Ciclopi, vissero qui gli Elimi, i Giganti, i Troiani, i Fenici e numerosi altri. Trapani acquistò importanza solo nel 260 a.C. quando Amilcare fece trasportare qui gli abitanti di Erice, città della quale era stata lungamente l'Emporio (porto). Trapani, che giace ai suoi piedi stendendosi in forma di falce verso il mare. La montagna, alta quasi ottocento metri, le sta a ridosso, tanto più imponente quanto più è isolata nella pianura circonvicina. Torna alla mente la descrizione che ne diede un geografo arabo: "Presso l'istmo di Trapani si leva una montagna grande, assai distesa ed alta.

Due giorni nella grande città di Palermo. Porto per eccellenza o tutto porto, dal suo antico nome greco Panormos. La città si estende fra il promontorio di Monte Pellegrino che domina la città con il Castello Utveggio e Capo Mongerbino, lungo il pendio della Conca d'Oro, d'oro perché il sole, sorgendo, illumina il colore dei limoni, degli aranci e dei mandarini. Ed è qui che tanti popoli si stabilirono, stupor mundi ...meraviglia del mondo come il suo re la definì. I Fenici seguirono i Greci, poi i Romani con i Bizantini, mentre gli arabi arrivarono più tardi e si fermarono fin quando furono scacciati dai Normanni, a cui seguirono gli Svevi, gli Angioini, gli Aragonesi, gli Spagnoli con i Sabaudi, Austriaci ed i Borboni, finchè arrivarono i garibaldini e l'isola fu annessa al continente. Con un favoloso e scintillante "albero di cristallo" di piazza Politeama, l'albero di Natale realizzato con migliaia di cristalli Swarovski appositamente collocati ed opportunamente illuminati, in modo da creare un magico gioco di luci, ci addentriamo nella città di Palermo.

Itinerario di Palermo con uno acrostico

Piazza Pretoria - Il centro di questa bella piazza è occupato da una spettacolare fontana, opera di Francesco Camilliani, scultore fiorentino del '500, tripudio di divinità, ninfe, mostri, teste di animali, allegorie, rampe di scale, balaustre, giochi d'acqua che la vivacizzano e la movimentano, senza però rompere l'equilibrio compositivo che la caratterizza e che è espressione tipica del rinascimento toscano. La piazza è delimitata da bei palazzi: sullo sfondo la cupola di S. Caterina, a sud il Palazzo Senatorio, chiamato anche Palazzo Pretorio o delle Aquile. La Porta Nuova, adiacente al Palazzo dei Normanni, è stata per secoli il più importante accesso a Palermo via terra. Da essa partono il Corso Vittorio Emanuele, o Cassaro, la principale arteria cittadina, e, all'esterno, la strada verso Monreale. Piazza Bellini - E' la piccola piazza su cui si affacciano la Chiesa di S. Caterina, la Martorana e S. Cataldo che, con le sue tre cupole rosate dona al luogo un'aria orientale. Piazza dei Quattro Canti. E' il cuore del centro storico di Palermo e corrisponde a Piazza Vigliena, da secoli ribattezzata Quattro Canti, ma anche Teatro del sole perché da questo punto il sole è sempre visibile, dall'alba al tramonto. La piazza si trova all'incrocio tra le due principali vie della città: Via Vittorio Emanuele e Via Maqueda che dividono Palermo in quattro parti chiamate "mandamenti". Nei quattro angoli della piazza si trovano quattro palazzi seicenteschi le cui facciate rivolte sulla piazza hanno forma convessa, e quattro vasche sormontate da statue che rappresentano le stagioni. La Kalsa - il quartiere arabo di Palermo, costruito vicino al mare in un periodo di tumulti popolari per permettere all'emiro di fuggire in caso di rivolta. Anticamente ospitava tutto il contingente militare dei dominatori arabi, nonché i loro uffici amministrativi e politici e le prigioni. Veniva chiamata al-halisah che in arabo significa l'eletta. Oggi è un quartiere popolare, molto pittoresco, in cui si respira ancora l'antica cultura araba-siciliana e, spesso, i forti profumi dei cibi cotti nei numerosi chioschi lungo la strada. Il fulcro della Kalsa è rappresentato dall'omonima piazza. Da ammirare è la cinquecentesca Porta dei Greci, chiamata anche Porta d'Africa, attraverso cui s'intravede il mare. Real Tenuta della Favorita - Questo bellissimo parco, subito fuori dal centro della città, era la riserva di caccia della corte borbonica di Ferdinando III, quando, dopo la proclamazione della Repubblica Partenopea nel 1799, il re di Napoli fu costretto a rifugiarsi a Palermo. Ferdinando fece costruire un palazzo, ordinando agli architetti di conferirgli uno stile orientale. Sorse così la Casina Cinese, che si può ammirare ancora oggi praticamente intatta che quando spira il venticello si sente vibrare una specie di musica tra le variegate campanelle che diffondono eteri suoni che sembrano provenire dalle notti incantevoli. Tutto introno alla residenza reale, venne allestito un immenso parco, a somiglianza di quello esistente alle porte di Napoli, in cui il sovrano in esilio avrebbe potuto dedicarsi alle sue attività preferite: la caccia e la botanica. Passeggiando attraverso il reticolo di piccoli viali alberati del Parco della Favorita, costruito a somiglianza del parco reale di Ferdinando alle porte di Napoli, si possono ammirare moltissime piante esotiche e officinali, piazzette, statue, obelischi e fontane. Orto botanico - Questo splendido e suggestivo giardino venne allestito alla fine del 1700 ed ancora oggi è uno dei più importanti e vasti esistenti in Europa. L'Orto Botanico di Palermo si estende per circa undici ettari e consente di ammirare piante provenienti da tutto il mondo ed alcuni esemplari rarissimi e preziosi. In tutto l'orto mantiene in vita 12.000 specie vegetali tra piante tropicali, piante acquatiche, piante tessili, piante medicinali, piante carnivore e molte altre ancora. Da non perdere sono alcuni giganteschi esemplari di ficus magnolioides. Il mercato della Vucciria - Per immergersi in uno spaccato di vita palermitana, consigliamo un giro al mercato della Vucciria che si estende,tra Via Roma e Corso Vittorio Emanuele. Si tratta di uno dei luoghi più caratteristici di Palermo, in cui si respira un'atmosfera unica e fortemente siciliana, resa più intensa dai profumi dei prodotti tipici della terra e del mare. Questo mercato così pittoresco è stato immortalato da Renato Guttuso, il celebre artista originario di Bagheria, nel dipinto intitolato "La Vucciria".

Atmosfera naturale si fonde insieme in una eccezionale sintesi, di mare, montagna, pianura e città. Essa si estende lungo il pendio della Conca d'Oro, così denominata in riferimento alla fertilità della terra e alla ricchezza e al colore della vegetazione.

La Martorana - Nome di Eloisa Martorana, fondatrice, nel 1194, dei vicino convento benedettino cui la chiesa venne ceduta come cappella. In effetti l'edificio venne iniziato nel 1143 per volere di Giorgio d'Antiochia, ammiraglio della flotta di Ruggero II ed il suo vero nome è S. Maria dell'Ammiraglio.

Eremitismo: la scelta di una vita in solitaria preghiera e contemplazione, fu l'espressione più alta della sensibilità religiosa del tempo. Erge sul monte pellegrino la montagna sacra ai palermitani con il santuario a Rosalia, santa che visse a Palermo tra il 1130 ed il 1170, mentre sedeva sul trono del Regno di Sicilia Guglielmo I detto successivamente il "Malo". Miracolosa processione del 9 giugno del 1625 i Palermitani, ogni anno, ricordano quell'evento con una sfarzosa festa, nota in tutto il mondo come "U FISTINU".

Rigogliosa, orgogliosa e selvaggia la cattedrale sulla vetta del monte scavata nella roccia a forma di nicchie con parete a picco alla quale, chiesa e convento, sembrano appesi.

Massimo splendore l'esterno della Cattedrale di Palermo, un grandioso complesso architettonico composto in diversi stili, dovuti alle varie fasi di costruzione. Eretta nel 1185 dall'arcivescovo Gualtiero Offamilio sull'area della prima basilica che i Saraceni avevano trasformato in moschea, ha subito nel corso dei secoli vari rimaneggiamenti; l'ultimo è stato alla fine del Settecento, quando, in occasione del consolidamento strutturale, si rifece radicalmente l'interno su progetto di Ferdinando Fuga. Al centro spicca la meridiana simbolo del tempo e dello zodiaco, destino del sole nel suo ingresso...

Opera magnifica è il Teatro Massimo Vittorio Emanuele di Palermo è uno dei più grandi teatri lirici del mondo (il secondo per capienza dopo l'Opera di Parigi e il terzo per dimensione del palco dopo l'Opera di Parigi e lo Staatsoper di Vienna) L'esterno del teatro, seguendo la moda neoclassica dell'attualizzazione delle architetture antiche, presenta un pronao corinzio esastilo elevato su una profonda scalinata ai lati della quale sono presenti due leoni bronzei con le allegorie della Tragedia e della Lirica; in alto l'edificio è sovrastato da un'enorme cupola emisferica. L'ossatura della cupola è una struttura metallica reticolare che s'appoggia ad un sistema di rulli a consentirne gli spostamenti dovuti alle variazioni di temperatura. L'interno, decorato da valenti pittori (Rocco Lentini, Ettore De Maria Bergler, Michele Cortegiani, Luigi Di Giovanni), può contenere circa tremilacinquecento posti. Il Teatro Massimo è uno degli edifici più importanti di Palermo, oltre ad essere uno dei più grandi e prestigiosi teatri lirici del mondo, celebre per la sua spettacolare acustica. I lavori di costruzione dell´imponente teatro, di tipico stile neoclassico, iniziarono nel 1875 con la posa della prima pietra nella centralissima piazza Giuseppe Verdi.
Al ciel natio, sorriso di Dio
Voliam con i pensieri
Tra canti e bicchieri
Con fronde d'alloro
Con vino e non l'oro
Del provincitor si premi il valor. (Vespri di Verdi)

Molto bello e caratteristico è l'ingresso del teatro, caratterizzato da un'elegante scalinata ornata dalle statue di Lirica e Tragedia. Molto particolare è anche la cupola emisferica che sovrasta l´edificio. La statua alla sinistra della scalinata d'ingresso, raffigurante l'allegoria della lirica, é opera di Mario Rutelli, nonno dell'attuale Ministro dei Beni Culturali Francesco Rutelli e noto scultore siciliano di fine Ottocento, sua tra l'altro la quadriga che orna il pronao del Politeama Garibaldi, l'altro grande teatro di Palermo. La Chiesa dei Carmine si affaccia sull'omonima piazza, ogni giorno affollata dal pittoresco mercato alimentare di Ballarò. Il Castello di Carini legato al dramma della sventurata baronessa di Carini la cui cruenta vicenda, tramandata da cantastorie, da narrazioni e poemi, é transitata nel tempo con immutato interesse. Tra storia e leggenda si racconta l'uccisione della baronessa Laura Lanza per mano del padre, il barone Cesare Lanza, per salvare l'onore della famiglia infangato dalla donna colta in flagrante adulterio, tra le mura del Castello avito, con l'amico di famiglia, Ludovico Barbagallo. Costruzione sorta su una fortezza araba, ristruttura e ampliata da Ruggero II che fece costruire la Cappella Palatina è il Palazzo Reale di Palermo che è la sede del Parlamento regionale della Sicilia. Si trovano la Sala d'Ercole, dove si riunisce il Parlamento siciliano, la Sala di re Ruggero II, ricca di preziosi mosaici con motivi ornamentali, raffiguranti animali ed intrecci floreali, la sala dei venti, la sala Gialla e la sala dei Viceré. da Palermo un salto a Mondello che, da palude malsana alla fine dell'800, divenne ed è la spiaggia più elegante e signorile di Palermo con i suoi tanti villini in stile liberty; per poi visitare Monreale con i suoi sfolgoranti mosaici suggerisce anche al più scettico visitatore la densità della fede di quella gente che in onore del proprio Dio concepiva simili opere d'arte. Una delle più incredibili e affascinati costruzioni del medioevo italiano. Il Duomo di Monreale, capolavoro dell'architettura normanna, è la sintesi perfetta delle culture che hanno intriso la storia siciliana. L'elemento arabo, quello bizantino e quello romanico si fondono nell'elevazione verso l'alto, in un complesso che unisce chiesa e monastero. Due massicce torri quadrate accolgono il visitatore e il fedele. L'entrata in chiesa avviene attraverso spettacolari battenti bronzei, del XII secolo, decorati a formelle. L'interno esplode nella spettacolarità di mosaici a fondo d'oro che stupiscono, stordiscono, accecano non appena si volge lo sguardo verso l'alto. Al centro, Cristo Pantocrator sul trono seduto nell'atto di benedire con le due dita della mano destra. Sulla destra del Duomo si apre il Chiostro, i cui archi ogivali sono sostenuti da 228 colonne. Sfolgorante nel suo intatto splendore, questo meraviglioso esempio di arte medioevale, ove si fondono in perfetta armonia elementi bizantini, arabi e normanni, venne fondato da Guglielmo II nel 1174. Ogni angolo delle pareti del tempio è rivestito da figurazioni e motivi decorativi immersi sullo sfondo scintillante di oro, che si sviluppano in 130 quadri narranti la volontà divina di salvezza universale. La serie dei quadri inizia con la rappresentazione della storia del Creato e quella dei Patriarchi Noè, Abramo, Isacco e Giacobbe. Nelle pareti della navata centrale distinti in 42 pannelli, di artisti dell'epoca hanno raffigurato episodi dell'Antico Testamento, che iniziano con la creazione del mondo secondo il libro della Genesi. I mosaici rivestono quasi tutta la superficie delle pareti. Raccontano le storie del Vecchio e del Nuovo Testamento. La pianta della Chiesa è di tipo basilicale, a croce latina a tre navate, con il Santuario di forma Bizantina e senza cupola, le navate sono separate da colonne quasi tutte originarie con archi a sesto acuto di intonazione araba e capitelli decorati, di squisita fattura. Il pavimento in marmo bianco estratto dalle cave di Taormina con dischi in porfido e granito, venne eseguito dal palermitano Baldassar Massa.
La gita si conclude con una fermata a Messina con un assaggio della regina dei dolci siciliani. Il suo nome deriva dall'arabo "Quas'at", che significa "ciotola rotonda" per alcuni "torta di cacio", cassata per altri per raddolcire il ritorno a Taranto. Il nostro viaggio attraverso un mondo a dir poco mitologico per le sue caratteristiche e le sue leggende, è terminato,ma è certo che un esperienza simile rimarrà impressa tra le pagine degli affascinanti ricordi dei miei viaggi. Antonia Scaligine

Antonia Scaligine da Taranto
sergiocitriniti@alice.it






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