Londra: una fuga o un rapimento,
un caso mai risolto...
"Londra: una fuga o un rapimento, un caso mai risolto..."
di Antonia Scaligine (Taranto)


"Quando un uomo è stanco di Londra, è stanco della vita, perché a Londra si trova tutto quanto la vita può offrire" ...Samuel Johnson...

Londra, 12 settembre 1998

Ho sempre creduto nell'amicizia, considerata per me uno dei più importanti stati emozionali della vita sociale, affettiva, ed è fonte di collaborazione al benessere comune, aiuto e condivisione di momenti importanti. "Trova il tempo di essere amico: è la strada della felicità" diceva Madre Teresa di Calcutta. Potrei fermarmi qui, ma la storia che sto per raccontarvi fa parte un po' del mio amore vitae e anche della mia inevitabilità a dir di no... Tutto è accaduto durante un viaggio. Quel giorno immemorabile del 12 settembre 1998, io, Nat, diminutivo di Nataline, me ne stavo seduta nel buio del tassì osservando distrattamente il confuso riflesso delle luci della strada sui vetri dei finestrini, mentre mi avviavo verso la centrale di polizia per denunciare la scomparsa della mia amica Pat. Pat, donna giovane avvenente, snella, dal carattere volitivo, intelligente, anticonformista, capelli biondi che le cadono a ciocche sulle spalle e gli occhi di un verde cangiante come il mare, unica mia vera amica. Lo squillo insistente del telefono alle sette del mattino, mi turbò un po', anche perché ero ancora nel dormiveglia. -Ciao Nat, sono io Pat! -Sei tu, Pat, ma cosa vuoi a quest'ora del mattino?- -Sai la novità?- -Non credo, dal momento che mi sono appena svegliata...- risposi un po' infastidita. -Ho vinto un viaggio per una settimana a Londra per due persone, su da brava fai la valigia e partiamo- -Perché proprio io? E tuo marito? Perché non parti con lui?- Eh!... già! ...come se non sapessi la sua situazione con Ernest, pensai, ormai da tempo il loro matrimonio era finito, per fortuna non avevano avuto figli, anche perché la maternità per Pat era l'ultima cosa a cui pensava... -Lo sai che stiamo insieme solo per un compromesso cara Nat, lui non vuole concedermi il divorzio, sai cosa mi ha detto? Che se lo lascio mi ammazza, in che brutta situazione mi trovo, come potrei fare un viaggio con lui?- -Lasciami pensare Pat, dal momento che ci sono due problemi validi per non accompagnarti in questo tuo viaggio... -il primo, è quello che non so come dirlo ai miei, il secondo, forse il più importante, io non salirei mai su un aereo, questo è un problema serio che si presenta a chi, dall'Italia si reca a Londra, ebbene, dimmi, cara Pat, come arriviamo a Londra?- -Non ci sono dubbi, a Londra si va in aereo, unica eccezione può essere fatta solo per chi ha la fobia di volare, quindi, per te mia cara Nat... ho richiesto il viaggio in treno. -In treno? Ma tu sei pazza? E' assolutamente massacrante!- Eurostar Parigi - Londra, attraverso il Tunnel sotto la Manica, da Parigi si raggiunge Londra in poco meno di tre ore. Il nuovo treno è modernissimo. Il tragitto più spettacolare ed emozionante. I treni TGV collegano Parigi con l'eccellente rete ferroviaria interna, -ricordati però che hai solo due giorni per pensare- disse e riattaccò il telefono. Rimasi un po' sconcertata e anche un po' irritata per la fretta che mi metteva addosso. Per tutto il giorno pensai a cosa avrei detto a mio marito e ai miei figli, temevo che loro fossero stati contrari a questa improvvisa partenza. A tavola, quando ci ritrovammo per l'ora di pranzo, dissi tutto d'un fiato: -domani parto- Andrea, mio marito, con quel sorriso da ebete di chi ti vuole prendere in giro, mi rispose... -Che fai tu?- -Si, parto con Pat per Londra-. -Parti? dissero in coro i miei figli-. -Come mai questo viaggio improvviso, non hai pensato quanto ti verrebbe a costare, e credo che non sia proprio il momento-. Come al solito mio marito si preoccupava solo dei soldi. -E' tutto gratis, se è questo che ti spaventa. -Notai invece che i miei figli erano contenti che mi togliessi un po' dalle scatole. Ero sempre nervosa, irascibile. Ci sono dei momenti nella vita che possono pesare sul buon rapporto familiare proprio a causa del troppo dare senza avere niente in cambio. Gridando all'unisono, dissero: -va bene! va bene ...vai, e va... va e divertiti insieme a quella pazza della tua amica Pat- Così pensai di telefonare subito a Pat per dirle che sarei andata con lei -Pronto Pat, sorpresa! Parto con te!– Lei fu al settimo cielo, e aggiunse, -finalmente ti danno il permesso di allontanarti da casa? Vedrai che non ti pentirai, a volte un viaggio da soli fa bene, serve a pensare e a ritrovarsi-. Quella lieve inquietudine sembrava scomparsa e aveva preso il posto una sensazione di piacevole libertà. Quella notte, tuttavia non riuscivo a prendere sonno, ero felice, ma nello stesso tempo preoccupata. Quel poco che dormii feci uno strano sogno. Ci trovavamo io e Pat in una strada affollata, poi all'improvviso diventava stretta e desolata. Attraversavamo un corridoio che terminava con una grossa porta di ferro nero, salivamo una rampa di scale a chiocciola con scalini in pietra grigia per ritrovarci nuovamente in mezzo a tanta gente. Pat, all'improvviso spariva, ed io mi rinvenivo da sola in un sotterraneo stretto e angusto con tante porte aperte, ma non sapevo quale fosse quella giusta per uscire, così terrorizzata incominciavo a piangere. -Sogni? Piangi?- Una mano mi stava scuotendo la spalla. -Ma si può sapere cosa stavi sognando? Sono le otto, ed io vado in ufficio, ci vediamo a pranzo- disse mio marito. Che strano sogno dissi tra me e me, ma mi ripromisi di cancellarlo dalla testa. Così mi vestii, andai dal parrucchiere e appena ritornata a casa sentii squillare il telefono. Era di nuovo Pat che mi dava appuntamento alle cinque, alla stazione. -Pronto Nat, ci vediamo alle cinque in stazione, non tardare, -bye bye- OK! ci vediamo alla stazione -dissi tutto d'un fiato... Finalmente arrivò il giorno della fatidica, anzi direi meglio della faticosa partenza. Snella nei suoi jeans blu e nella sua camicetta smagliante coi capelli biondi come la seta, Pat stava obliterando i biglietti, quando mi vide mi venne incontro euforica. Andrea, mio marito, mi stava sobillando di raccomandazioni, respirai quando alla fine mi disse: -sai non posso aspettare l'arrivo del treno devo tornare in ufficio-. Ti saluto ora. Mi baciò sulle guance e sparì. Quando Andrea se ne andò provai un senso di pace e di libertà. C'era molta gente assiepata sul marciapiede in frenetica attesa. Il nostro treno per Torino partiva dal quinto binario. Il treno partì in perfetto orario... direzione Torino. Il viaggio è lungo, prima di arrivare a Londra, dobbiamo fare dei "stopvers" -cosa?- -delle soste intermedie- mi disse Pat, tanto per abituarsi a parlare inglese. -Ah! Sì... ma anche delle lunghe standby, vero?- dissi a mia volta... tanto per farle sapere che anche io conoscevo qualche parola d'inglese. Il fischio lacerante del treno che si avvicinava ci fece affrettare, finché si arrestò con una quantità di scricchiolii davanti a noi. Cercammo un vagone meno affollato, con la coda dell'occhio scorsi il capostazione venire verso il nostro treno. Si affrettò ad abbottonarsi la giubba e poi riprese a camminare svelto verso la testa del treno. Lo scompartimento che avevamo scelto era vuoto così deponemmo le nostre valigie. Pat, se ne stava lungo il corridoio ad osservare incuriosita l'andirivieni delle persone cariche di bagagli, mentre barcollava insieme al movimento del treno. Rimasi anche io sporta a guardare dal finestrino finché il cavalcavia si abbassò tanto da coprire la vista delle case. Il treno intanto traballava sugli scambi, seguii con lo sguardo i binari che si aprivano davanti al treno, la stazione non si vedeva più, un treno in transito passò velocissimo svuotando la massa d'aria e si arrestò alla successiva stazione, mentre il nostro continuò la sua corsa, allora mi sedetti esausta sulla poltrona, appoggiai il capo allo schienale e chiusi gli occhi. Anche Pat si era seduta e stava sfogliando una rivista, per un po' di tempo non parlammo. Nel nostro scompartimento venne a sedersi una signora alta e formosa, un po' trasandata. Poco dopo entrò il marito e si sedette accanto a lei, aveva le mani grosse e screpolate ed era pieno di pacchi e pacchetti. -Permettete, signor, sono liberi questi posti?- -Certo! Prego!- rispondemmo io e Pat. Ma a questo punto lo scompartimento ci sembrò troppo stretto con uno sguardo particolare, Pat capì subito, si alzò in cerca di uno meno affollato. Ritornò con un viso sconsolato e con una alzata di spalle mi fece capire che purtroppo dovevamo accontentarci di quello che avevamo. Chiusi gli occhi e ogni volta che li riaprivo mi sentivo addosso quella luce gialla della lampadina del treno. Pat, invece dormicchiava. Mi sentivo le gambe intorpidite, così le stesi, puntando i tacchi e irrigidendo i muscoli per vincere la stanchezza. Che stupida! pensai, potevo mettermi delle scarpe più comode! Una luce mi colpì tanto che dovetti chiudere gli occhi e quando li riaprii si intravedevano dal finestrino lunghe file di platino e vigneti, in testa ad ogni filare c'era un paletto di cemento, l'uva pendeva a grossi grappoli. Eravamo in settembre, quindi i contadini raccoglievano l'uva per la vendemmia. Per molte ore continuò quell'alternarsi di bui, bagliori e campagna. Passò il controllore col berretto sollevato sulla fronte e le tasche gonfie di carte, giunto davanti a me con un gesto lento prese il biglietto che gli tendevo, mentre con l'altra mano si sbottonava il bottone della camicia, liberandosi della stretta della cravatta. Aveva i capelli appiccicati dal sudore il berretto gli aveva lasciato una riga sulla fronte. Il treno, un vecchio Intercity, purtroppo non era fornito di aria condizionata e poi si sa molto bene che al sud i treni sono quasi tutti malandati e vecchi. -Buon viaggio!- disse e andò via. Intanto la strana coppia ancora non era riuscita a sistemarsi, si muovevano goffamente... alla fine la moglie cadde esausta sulla poltrona sospirando e arrossendo, per togliere il suo imbarazzo disse: -OH! Mio Dio! speriamo che tutto va bene. Oggi, come oggi, non si può più viaggiare, tra delinquenti che ti derubano e incidenti è preferibile stare a casa. E' il desiderio di vedere i nipotini che ci costringe a fare questo lungo viaggio con il treno, però è più comodo e facile, eppoi, abbiamo anche la carta d'argento. Parlava ad alta voce come se parlasse con noi, ma aveva gli occhi rivolti verso il finestrino. Il marito ci spiava con occhio curioso scuotendo la testa. Per tutto il viaggio non parlammo, presi l'enigmistica e mi misi a risolvere le parole crociate. Il treno si fermò in un paio di stazioni e ogni volta scostavo le tendine per rendermi conto dove eravamo. L'uomo dormiva profondamente ogni tanto gli cadeva il cappello e lui apriva per un momento gli occhi e poi tornava a russare. Eravamo in salita, quindi il treno rallentò un po', l'aria fresca, come un diradarsi di nebbia, svelava all'improvviso le montagne della catena alpina che per me apparivano come un arcano regalo a quel caldo che avevo sofferto fino a quel momento... Avevo ancora la nuca sudata e gli occhi gonfi, il vento intanto rendeva il rumore del treno sempre più sordo, guardai attraverso gli alberi una fila di case e finalmente il treno entrò nella stazione di porta -Susa di Torino Tutto di corsa, salutammo la vecchia coppia, e ci avviammo verso il binario da cui partiva il treno per Parigi e di lì per Londra... sembrava un viaggio interminabile ...quasi irreale... Salimmo sul treno, benché mancasse più di mezz'ora alla partenza, intanto già incominciavamo ad avvertire la stanchezza, Pat, invece, ancora tutta pimpante reggeva la valigia con tutte e due le mani, doveva essere molto pesante, e facendo più attenzione, mi accorsi che Pat aveva due grosse valigie,un borsone e borsette varie. -Ma perché tanta roba per così poco tempo?- pensai... Gli scompartimenti erano vuoti, ma puliti e moderni. Per fortuna, almeno avrebbero viaggiato più comodamente Pat si sedette di fronte a me. Una ciocca di capelli le ricadeva sulla fronte e lei la ributtava indietro con un movimento del capo. -Mi sento un'altra donna- alla fine disse... -Mi sono tolta dalle spalle un tremendo peso, non riesco più a sopportare l'egoismo e la gelosia di Ernest–. Cara Nat il treno correva, il panorama era bellissimo, presso il valico del Frejus, linea Torino-Modane, monti e colline si alternavano da una parte e dall'altra, mentre scendevano verso il fondo della valle, il sole era velato e un esile rivo attraversava la valle, l'acqua era scura, ma in un punto in cui scorreva più velocemente mandava uno scintillio dorato -Non vedo l'ora di arrivare, che ora è?- Dissi, come se uscissi da un incubo. -Le tredici e dieci! Cosa ne dici andiamo a mangiare?- -Al ristorante del treno si mangia a tutte le ore- rispose Pat. Il pranzo fu frugale, ma buono. Questo era il suo primo viaggio da sola pensò Nat. Lei, remissiva, introversa, conformista, poco indipendente, piccola di statura un po' più vecchia di Pat non aveva mai il tempo per pensare ad altro di diverso che lavare, stirare e aver cura della sua famiglia. Era ambiziosa, ma non riusciva a fare altro che dedicarsi solo alla casa, ai figli e a suo marito, il quale era molto esigente, ecco perché si sentiva già vecchia e troppo matura per una amica come Pat, ma qualcosa stava cambiando in lei, ed ora non vedeva l'ora di arrivare a Londra. -Non facciamo in tempo ad arrivare nella stazione di Gare de Lyon, a Parigi, che subito prendiamo il treno per Londra e, dopo sole 3 ore di treno e 20 minuti sotto la Manica, arriviamo alla stazione di Waterloo International-. Londra era davanti a noi, città stupenda, non monumentale come Parigi o Roma, ma secondo Pat, unica e indescrivibile. -Svegliati Nat! non senti l'odore di Londra?- -Veramente sento uno strano odore, misto di umido e foglie secche-. Guardai dal finestrino, un lenzuolo sembrava steso, mi mancò il respiro. -Come farò ad abituarmi a questo clima?- dissi a Pat con aria preoccupata. -C'è un vecchio motto che dice "Londra non ha un clima, ha solo il tempo"- mi rispose Pat che si riferiva alla variabilità delle condizioni atmosferiche. Mi venne in mente il film Assassinio sull'Orient Express, ma dei tredici sospettati, invece io mi sentivo l'unica sospettata. Le stazioni di Londra sono tante, ciascuna con determinate destinazioni. I treni Eurostar internazionali arrivano al terminal Waterloo International. A pochi minuti a piedi dal Frankiln-Wilkins Building. Scendemmo dal treno, appena uscite dalla stazione un gatto nero e ferito sbucò davanti ai nostri piedi. La prima percezione che provammo fu di spavento e istintivamente facemmo un passo indietro. -Dannazione!- gridai -incominciamo bene?- Un vento fastidioso e insistente soffiava, cercai un taxi, ma non si vedeva niente, la fitta nebbia toglieva ogni visuale. Rabbrividii e affrettai il passo, avevo la sensazione che lo spirito del male stesse soffiando sulla città, eravamo stanche ed affamate, sognavamo un bel bagno e una cena abbondante. -Non guardare- ...mi disse Pat... Intanto io ero già terrorizzata... -dannatissimo presagio di sventura è questo! Che un gatto attraversi la strada è già un cattivo segno, ma che doveva trovarsi al mondo un gatto nero e ferito a tagliarci la strada è proprio una scalogna nera!- Mi voltai indietro e guardai il misero gatto che ora giaceva morto al suolo. -Suvvia, non ci pensare, non sarà certo di cattivo augurio, non badarci sono solo sciocche superstizioni, vedrai che ci divertiremo all'impazzata- mi disse Pat per rassicurarmi. Una macchina si fermò davanti ai nostri piedi, era un taxi che ci portò di corsa al sospirato albergo. Salimmo in camera, regnava un silenzio sconcertante. -Certo che questo viaggio è stato massacrante, sono così stanca che dormirei per due giorni interi...- -Sì, è vero che siamo stanche, Nat, ma non dobbiamo impigrirci, anzi dopo il bagno e la cena usciremo. Cosa pensi dell'albergo. Ti piace Nat?- L'albergo, il Thistle Piccadilly non era molto grande, ma amichevole, un vecchio hotel vittoriano. Da qui era facile arrivare in Trafalgar Square, Piccadilly Circus, Soho, Chinatown e Covent Garden, a pochi minuti dall'hotel c'erano anche ristoranti, negozi e locali per il divertimento. Noi, avevano preso una suit con due camere comunicanti che affacciavano su Leicester Square. -Ora vado nella mia camera e mi riposo. Ciao Pat, a dopo-. Stanche ci buttammo sul letto e ci addormentammo. Non so se fosse sogno o realtà, ma nel silenzio mi parve di sentire una porta sbattere che proveniva proprio dalla stanza di Pat, ma ero tanto stanca che non mi alzai per vedere chi fosse. Erano le sette e Pat bussò alla mia porta -Su, Nat da brava vestiti che andiamo a fare shopping-. -Sì, Pat ho capito, io sono già pronta sto leggendo un bel libro, quando sei pronta, chiamami!- Mentre attraversavamo le strade di Londra, la vita cominciava a ridestarsi. -Sei pentita di essere venuta?- mi disse Pat con aria felice. Assolutamente no, alla mia età posso fare questo e altro, anche se la mia famiglia mi manca un po'. -Londra è una città stupenda e merita sicuramente di essere visitata... unico inconveniente è la "sterlina", beh... forse è meglio non parlarne, vero Nat?- -Il nostro soggiorno londinese sarà stato breve, solo pochi giorni, tuttavia riusciremo a visitare tutta la parte turistica grazie all'efficienza ed alla rapidità della metropolitana Underground, e anche se dobbiamo ammettere che all'inizio non è poi stato così facile capire come funzionava... comunque ora ci stiamo ambientando ...sono felice di esserci... credimi Pat-. -Con una tube map alla mano, un po' di senso dell'orientamento su e giù da autobus o metrò ed il gioco è fatto, e riuscimmo a vedere la parte più bella di Londra-. Arrivammo fino a Kersington Gardens in cui ha sede la residenza del principe Carlo, infine giungemmo fino a Buckingham Palace: situata all'incrocio tra St. James's Park, Green Park e i Palace Gardens, qui, invece si trova la residenza ufficiale londinese della Famiglia Reale, che anche grazie alla solenne cerimonia del Changing of the Guards e assistemmo dal momento che erano le 12 al cambio della guardia che si svolgeva nel piazzale antistante. Adiacente al palazzo si trova la Queen's Gallery, in cui si svolgono esposizioni d'arte temporanee a cura della casa reale, mentre dietro Buckingham Palace si possono visitare le Scuderie Reali di Royal Mews. Dal palazzo parte il Mall, ampio viale famoso per ospitare le principali parate militari e lungo il quale si trovano il Queen Victoria Memorial, l'ICA, l'Istituto delle Arti Contemporanee che ospita prevalentemente mostre temporanee, la Lancaster House e il St. James Palace. Noi riuscimmo solo a soffermarci in fretta senza visitare niente, purtroppo. In Queen Victoria Street ci fermammo davanti ad un grande magazzino, avevamo effettuato il cambio delle banconote, ma non eravamo ancora capaci di capire il valore delle sterline. Visto che entrambe adoriamo fare shopping, abbiamo iniziato proprio da questo splendido centro commerciale in cui il lusso e l'abbondanza certo non mancavano... Harrod's che è senza dubbio una delle attrazioni più famose di Londra e il secondo "ipermercato" più grande al mondo. Quasi un milione di visitatori ogni anno passeggiano tra quelli che non sono solo semplici reparti di un supermercato, ma sembrano quasi corridoi di un hotel a cinque stelle. Ciò che colpisce ad una prima occhiata infatti è la struttura, l'arredamento, lo sfarzo dei grandissimi saloni, le statue, gli ascensori e le scale mobili. -Basta infatti avvicinarci a qualche cartellino dei prezzi per renderci conto che forse l'unica cosa che possiamo permetterci di comprare, è un piccolo souvenir con il famoso logo "Harrod's" – dissi a Pat che tutta euforica già si aggirava tra i saloni del negozio. E' difficile descrivere un simile gioiello, che, con le sue sedici entrate e i suoi cinque piani di meraviglie, è una sosta obbligata per chi trascorre qualche giorno come noi a Londra. Da Harrod's si può trovare di tutto, dall'accessorio più inutile agli abiti firmati dai più grandi stilisti mondiali... roba da far girare la testa!! Dalla rosticceria alla caffetteria, insomma, è un vero e proprio paradiso per vip e benestanti. Uscimmo di lì un po' confuse e giungemmo al parco di Hyde Park, una stupenda area verde di due chilometri quadrati nel bel mezzo della metropoli londinese. Parks of London, una volta era riservato solo ai reali, soprattutto per la caccia. Una volta entrati ci sentimmo prendere da un senso di pace e rilassatezza interiore che quasi ci fece dimenticare di essere in una delle città più frenetiche del mondo. All'interno del parco, c'erano degli scoiattoli, beh, certamente meglio di un gatto nero. Al suo interno si trova il laghetto conosciuto come The Serpentine e lo Speaker's Corner, l'angolo in cui ognuno può dire la propria opinione o fare comizi. A sud del parco si possono raggiungere i magazzini Harrod's, di proprietà dell'egiziano Al Fayed. Ormai stanche, decidemmo che il Tower Bridge: il caratteristico ponte in grado di aprirsi per consentire il passaggio delle grandi navi che si trovava nella parte orientale della città, lo avremmo visitato il giorno dopo, insieme al il Big Ben, campana maggiore della torre del Palazzo di Westminster di Londra e la torre che porta il nome dalla campana. Poco distante c'è la Tower of London massiccia costruzione fortificata edificata dai Normanni il cui scopo originario era quello di controllare il traffico fluviale sul Tamigi e che poi nel corso dei secoli ha assunto varie funzioni, tra cui quello di prigione e di luogo di esecuzione dei nemici della Corona, fino a divenire oggi uno dei luoghi di maggiore interesse turistico di Londra, grazie alla presenza della White Tower, della St. John's Chapel e soprattutto, sorvegliati dai celebri Beefeaters, dei Crown Jewel's, i gioielli della corona, che richiamano ogni giorno migliaia di visitatori. Poco distante si trovano il World Trade Center e il Royal Mint, antica sede della Zecca Reale. Ero così eccitata che tutto mi sembrava meraviglioso. -Questa parte di Londra è molto affascinante e maestosa- mi disse Pat... (non certo come una turista alla sua prima visita)... -Ti rapisce lo sguardo e ti fa sentire così piccolo di fronte alla grandezza dei suoi monumenti- continuò a dirmi... Dopo essere passati a guardare qualcosa della National Gallery arrivammo infine al Gordon's Wine Bar di Londra a due passi da Trafalgar Square, insomma, sarà stata l'emozione del momento, quelle pareti incrostate di umidità, quelle candele, quelle luci fioche che non avevo fatto attenzione a quei tre uomini che erano seduti davanti ad uno di quei tavoli di legno consumato e che parlavano. Ad un tratto appena ci videro interruppero di colpo e si volsero a guardarci. Davanti al bancone, con un bicchIere di vino in mano, c'era un altro uomo, vestito di blu, alto, bruno, non molto bello, ma attraente. -Pat! ma come ci guardano? Forse si vede che siamo italiane?- Intanto Pat si assentò per andare in bagno, e quando tornò... -cosa c'è, sei tutta accaldata e sudata, non stai bene?- -Sto benissimo, anzi non potrei stare meglio...- mi rispose. Quell'uomo era scomparso subito dopo che Pat si era avviata nella toilette. -Camminammo per un bel po' e arrivammo a Regent Street-. Chiamata così in onore al Principe Regent, la strada è una delle maggiori vie commerciali del West End londinese. Le strade Oxford e Regent costituiscono l'area principale dove si trovano tutti i negozi. Da Mark and Spencer, Debenhams, John Lewis fino a Hamley's, Toy Show, Boots, W.H. Smith, questo luogo possiede di tutto. Questa è la ragione per la quale molti considerano a questa zona come il centro di Londra. Infine ci avviammo verso il Piccadilly Circus una famosa piazza. La sua felice posizione, nel cuore del West End londinese e la vicinanza con importanti luoghi di interesse, come i teatri di Shaftesbury Avenue o strade; Coventry Street e The Haymarket ricchissime di negozi e locali alla moda, hanno reso Piccadilly Circus un affollato punto di ritrovo, nonché una vera e propria attrattiva turistica tanto da diventare uno dei simboli stessi di Londra. Questa parte di Londra è famosa per i display luminosi e le insegne al neon posizionate su di un edificio posto al lato settentrionale della stessa e per la celebre Shaftesbury Memorial Fountain che rappresenta "l'Angelo della Carità Cristiana", noto però più col nome di "Eros" la statua dell'amorino che lancia le sue misteriose frecce al cuore della gente, una coppia di fidanzati si baciavano, percorremmo parte della strada e ci fermammo al caffè Bertelli, gestito da un italiano. -Sinceramente Piccadilly è un luogo un po' caotico, disse Pat, ma è la zona in cui si mangia meglio, ci sono molti ristoranti italiani, e soprattutto si spende meno- Ma dove aveva imparato tutte queste cose... mi meravigliai molto... -Ehi! ma il sole non splende mai su questa tetra città?- dissi -Non stiamo certo a Napoli! replicò Pat, però ogni città ha il suo fascino- La strada in cui ci trovammo dopo aver voltato l'angolo rappresentava un tale contrasto con l'altra parte della città che pensammo di esserci smarrite, avevamo una cartina della città ma non ci capivamo niente, fermati e riflettiamo. Ecco lì c'è Mortimer, il ristorante vegetariano, non è possibile, dobbiamo chiedere aiuto a qualcuno. La prego abbia la bontà di dirci dove ci troviamo? Non capire, italiano? Allora Pat che masticava qualche parola di inglese, disse: "please, you, accompany to the super market, thank you". L'autista del taxi ci fece salire e con grande velocità da far paura, si avviò verso Knightsbridge e ci lasciò davanti ad un grattacielo di vetro, un'enorme insegna luminosa indicava il nome del magazzino "Harvey Nichols", entrammo, ma io mi sentivo persa, cominciai a percorrere le corsie piene di vetrine e di oggetti e di articoli di alta moda. A Harvey Nicks hai la certezza di trovare i capi più cool, quelli che hanno grandi possibilità di diventare dei veri must. Quindi non era certo il negozio per noi... maggior parte delle griffe europee si potevano trovare lì. A questo punto decidemmo di dividerci, io mi fermai davanti ad un reparto di borse, Pat, invece al vidi salire su per una scala mobile con pacchi e pacchetti e una macchina fotografica appesa al collo, e quella fu l'ultima volta che la vidi. ...Avevo sempre sentito parlare di Scotland Yard, spesso chiamata semplicemente The Yard, sede del Metropolitan Police Service, invece io mi ritrovavo in un ufficio di pochi metri quadri della Metropolitan Police Service, "the Met", alle prese con un poliziotto che non capiva la mia lingua e che abbozzando all'angolo della bocca un sorrisetto ironico, mi stava dicendo: -ebbene, ora veniamo al punto, lei pensa che la sua amica possa essere stata rapita?- -credo proprio di sì- gli risposi con fermezza, ma con tanta rabbia dentro di me per quella grossa menzogna che ero costretta a dire... -Benissimo, ammettiamolo pure, ma non ci sono prove sostanziali. -Come sarebbe a dire che non ci sono prove? Quindi lei sta insinuando che io mi sono inventata tutta la storia?- dissi, furente. -E' probabile che la sua amica si sia allontanata consapevolmente, e che le può aver fatto uno scherzo?- -Dopo aver girato e rigirato tutto il magazzino, non ho trovato alcuna traccia di Pat, stanca e preoccupata me ne sono tornata in albergo e il dopo lo sapete già... continuai a dire mentre il poliziotto scriveva... -Se questo è uno scherzo lo è di pessimo gusto, non sarebbe capace di farmi questo?- dissi ancora. Ma, lei sapeva bene che il poliziotto aveva toccato senza saperlo la verità, non era uno scherzo quello che Pat le aveva fatto, ma si era servita di lei mettendo in repentaglio la sua amicizia e la sua fiducia. Doveva rassegnarsi a stare al suo gioco, ne era convinta e doveva perfino mentire a tutti. Cosa doveva fare? Era quello l'assillo di Nat, dire la verità o continuare quella assurda falsa di rapimento, ma alla fine del suo amletico pensare si trovò improvvisamente con la mente lucida, le idee ben chiare e non aveva avuto alcuna difficoltà a trovare le parole per raccontare l'avventura al poliziotto. Aveva deposto una falso rapimento, accompagnato anche da un racconto non preciso dei fatti e una descrizione fisica diversa della sua amica, dal momento che non possedeva neppure una foto, il tutto solo per sviare le ricerche. Intanto, mentre il poliziotto continua a scrivere, io, ripensavo a ciò che mi era accaduto nel salotto dell'albergo il giorno prima di recarmi alla police. ...In una di quelle larghe e scomode poltrona dell'albergo, stava seduto a leggere il giornale, un uomo distinto nel suo abito scuro e la sua cravatta blu... come un lampo di memoria mi parve tutto chiaro e collegai il ristorante, l'uomo a Pat. Appena mi vide si alzò con scioltezza si avvicinò...- -E' lei la signora Nat?- -Sì! Sono Nat- cosa desidera? -Ho qualcosa qui per lei da parte di Pat-. Era una lettera, l'uomo sorrise, mentre la prendevo, aveva un sorriso accattivante e dolce, con una smagliante dentatura, mi accorsi che era un uomo interessate e che probabilmente piaceva alle donne. Ormai qualcosa avevo intuito e all'improvviso mi fu tutto chiaro, il viaggio, l'uomo al bar, la porta di Pat che si chiudeva la notte del loro arrivo in hotel, piano, piano ero arrivata alla conclusione, Pat si era servita di lei! Un rapimento o una scomparsa bene organizzata. La lettera l'avevo in mano e non sapevo se aprirla o cestinarla, ma l'affetto che provavo verso quella donna era più forte della rabbia per essere stata ingannata. Mi sedetti sul letto e incominciai a leggere. Strinsi la lettera con rabbia, ma capii subito cosa avrei dovuto fare, sotto la lettera, a caratteri grossi che mi colpirono subito, c'era scritto: -vivo per la prima volta, la realtà è fatta per divorare il cuore di chi vive di sogni- -cara Nat! perdonami per averti ingannata, è stato un gesto non giusto nei tuoi riguardi, non biasimarmi, leggi fino alla fine queste mie poche righe, ma non giudicarmi male, ti prego, sei libera di renderti mia complice, oppure raccontare tutto ad Ernest. Mi sono sposata giovanissima, solo per sfuggire da una famiglia litigiosa, rigida, negandomi perfino l'affetto e mezzi necessari, così ho pensato che l'unica soluzione fosse quella di sposarmi un uomo che appena conoscevo e per di più di dieci anni più vecchio, ma ben presto ho capito di aver commesso l'errore più grande della mia vita. Lui, con i suoi soliti silenzi, egoista e geloso, ha soffocato la mia vita, ho cercato di nascondere la mia infelicità, le lacrime, i pentimenti, ma con gli anni i contrasti sono aumentati, nessun affetto provo ancora per lui ed ora sto fuggendo in cerca della mia identità e della mia felicità. L'ho trovata sai Nat? Si dice che la felicità non esiste, non è vero! Io, ora la sto provando e non so quando durerà, ma l'importante è nella vita provarla, anche per una sola volta, per una sola ora, per poter dire che esiste, ho trovato l'uomo fatto per me, è un tesoro e per lui provo tutto l'amore che non ho mai provato per Ernest-. Chi si può amare? L'amore fugace, che non conta! L'amore di sempre che ti rompe! Io direi, l'amore che non muore mai. L'amore che ti prende, ogni volta che ci pensi, l'amore impossibile! Il nostro amore è un sogno caldo e dolce che si è realizzato in tante cose, baciarci senza timore di essere visti, dirci t'amo e forse anche gridarlo solo per farlo sentire a chi non ci conosce, ho bisogno di gridarlo e non più tenerlo chiuso. -Lo so, sono vigliacca perché mi nascondo alla realtà, ma spero che tu e Dio possiate perdonarmi, forse, chissà, col tempo, possono trovarmi, anzi ne sono certa, oppure potrei comparire di nuovo, ma solo quando Ernest si sarà abituato alla mia assenza. Ora sono certa che i giornali, la televisione parleranno di me come una donna scomparsa nel nulla" sai quante risate ci faremo? ti chiedo di nuovo perdono, ti voglio bene-. Pat... ...Dopo avermi ascoltato per due ore, il poliziotto non ce la faceva proprio più e alla fine della mia deposizione, del tutto vaga e imprecisa e per lo più, assurda... mi disse: -Mrs! OK!, ritorni a casa, penseremo noi a ritrovare la sua amica-. Uscii dal commissariato con un "thank you" ma con tanta tristezza per aver perso l'unica amica che mi aveva fatto capire che la vita è anche fatta di qualche bella pazzia, che senza le regole del giusto vivere e senza rimorsi o rimpianti ti porta lontano nel pianeta della spontaneità...

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Un'aspirazione lasciata sfuggire,
nella noia ti porta ad agire.
La paura di lasciarti andare
'Facendo/agendo'
blocca la scia della tua fantasia.

Fare una piccola pazzia
Temendo/osando
senza le regole del giusto vivere,
Turbamento/pentimento
ti porta lontano
nel pianeta della felicità.


Il pianeta della felicità per Pat era Londra e il suo nuovo amore; il mio dov'era? Ci sto ancora pensando!! ...In assoluto, viaggiare...

Un po' diario di viaggio e un po' racconto di fantasia di Antonia Scaligine
sergiocitriniti@alice.it
 

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