ZANZIBAR, scoprendo "l'Isola delle Spezie"
-Novembre-Dicembre 2004-
Zanzibar è un caleidoscopio di colori, profumi e suoni,
un modo unico per conoscere la vita africana
Foto di Zanzibar (Kiwengwa) Foto di Zanzibar (Bwejuu)


Cartina geografica di Zanzibar
ZANZIBAR (TANZANIA)

dal 28 NOVEMBRE al 6 DICEMBRE 2004


KIWENGWA, dal 28/11 al 06/12
GIRO DELLE SPEZIE, escursione del 30/11
KIZIMKAZI & JOZANI, escursione del 01/12
STONE TOWN, escursione del 03/12
BWEJUU, escursione del 04/12
NUNGWI, escursione del 05/12



Cartina politica della Tanzania
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ALCUNE FRASI
IN SWAHILI


PREMESSA:
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Ho deciso di visitare questa terra senza eguali durante il periodo invernale, poiché è bellissimo fuggire dal freddo inverno per recarsi ai Tropici. Il viaggio è stato con Morgana, abbiamo volato da Milano Malpensa a Zanzibar e viceversa con "Livingston" di "Lauda Air"; durante il ritorno abbiamo fatto scalo a Mombasa, in Kenya (il volo dura circa otto ore). Dall'aereo, appena prima di atterrare, è possibile vedere il Kilimangiaro, ossia il monte più alto d'Africa, un gigantesco vulcano di 5.894 metri dalle forme levigate. Ho soggiornato nell'isola principale (Unguja), essa è lunga novantaquattro chilometri circa, per un larghezza media di quaranta chilometri. Zanzibar, che comunemente tutti intendono l'Isola di Unguja e che nel gergo locale significa "terra dei neri", è un arcipelago dell'Oceano Indiano (sito nell'emisfero australe, nella fascia del Tropico del Capricorno) formato anche dall'Isola di Pemba, situata più a nord. Nel 1964 si unì al Tanganica, costituendo la Repubblica di Tanzania e fondendo insieme i due nomi. Fin dall'antichità ha richiamato l'attenzione dei viaggiatori, grazie alla sua strategica posizione, è stata punto di congiunzione fra l'Occidente e l'Oriente, punto di sosta e di partenza per navi che esploravano il mondo e punto di unione di numerosi popoli come arabi, indiani, cinesi, europei e altri ancora. Nell'Ottocento, per opera dei sultani è diventata il più grande produttore mondiale di spezie e il più grande mercato dell'epoca di schiavi; Stone Town era il centro dove venivano radunati e venduti tutti gli schiavi catturati nel continente nero. Zanzibar si presenta come un'isola di un verde intenso, incredibilmente rigogliosa, da lasciare a bocca aperta (una natura mastodontica). L'interno è completamente ricoperto dalla fittissima vegetazione tropicale-equatoriale, composta da distese interminabili di palme (in gran numero giganti e di ogni genere, come ad esempio: le screw palms dette così per la loro forma cespugliosa, le palme da olio, le classiche palme da cocco e altri tipi ancora...), banani, manghi, alberi tropicali simili a grandi tamerici, fiori a gran quantità, il tutto accompagnato da un continuo profumo di spezie che aleggia nell'aria. Non a caso è chiamata "l'Isola delle Spezie", in quanto nella parte occidentale vi sono una serie di piantagioni di chiodi di garofano, canna da zucchero, cannella, zenzero, citronella, cedronella e decine di altre ancora; le spezie hanno reso celebre questo arcipelago e vengono tutt'ora esportate ovunque. La parte orientale è formata da meno foreste tropicali, che lasciano spazio a pianure verdissime che sembrano non terminare mai, punteggiate da simpatiche mucche con una piccola gobba sulla schiena; qui dominano incontrastati sporadici palmeti, giganteschi baobab e le mangrovie. Per gli amanti del mare le spiagge sono dei piccoli paradisi terrestri, costituite da un bianco e accecante fondale corallino, hanno sabbia candida, morbida e compatta, che fa da cornice ad un mare ancora vergine. Grazie al gioco di colori e all'effetto ipnotico delle alte e basse maree, le acque oceaniche sono un vero gioiello naturalistico, impreziosite da una sobria fauna composta da svariati pesci, graziosi molluschi, crostacei, grandi stelle marine rosse e alcuni fra i più bei coralli esistenti. Durante parte della giornata, per effetto della bassa marea, il mare si ritira e sembra scomparire, si può camminare per centinaia di metri, dove le celesti acque, raggiungono a mala pena le ginocchia; la barriera corallina è imponente e attornia l'isola per la quasi totalità del suo perimetro. Il pezzo forte di Zanzibar è però la sua gente: simpatica, ospitale, ma anche tanto tanto povera. I bimbi, con i visi ingenui, ti chiedono imbarazzati una penna, una caramella o un foglio di carta (ho portato con me dall'Italia alcuni quaderni e biro, che ho loro regalato; credo che sia un gesto carino ed appagante, infatti basta poco per renderli felici e spero che chiunque legga questo diario, con l'intenzione di andare a Zanzibar, possa fare altrettanto). Le case degli zanzibarini, che abitano nei numerosi villaggi fuori da Stone Town (anche se sembra difficile chiamarle case), sono vere e proprie capanne, costruite con fango, paglia e con la porta di legno, senza elettricità e al limite della decenza umana (i tetti sono fatti con un misto di paglia e foglie secche di palma, questo materiale si chiama makuti). Non è esageratamente meglio la situazione per la maggior parte di coloro che vivono in città; qui le casupole sono baracche di legno e lamiera, solo i più fortunati posseggono quattro mura in cemento, ma sono comunque misere (chi abita nella case di fango non paga le tasse). Nonostante ciò, la gente è sempre contenta e non disdegna un sorriso; cibo e acqua non mancano poiché la vegetazione produce frutti in abbondanza e questo è molto importante per la popolazione. Ogni tribù e ogni piccolo villaggio ha il proprio albero del pane e i propri banani (pensate che sull'isola sono presenti ventisei tipi diversi di banane) da cui si può sfamare; anche la pesca è una buona risorsa alimentare (altre attività sono l'artigianato, l'agricoltura e il turismo). La discrepanza fra il trattamento riservato ai turisti e la povertà assoluta degli abitanti è, come in altre zone del mondo, molto forte; nei villaggi vacanze la gente si abbuffa di ogni ben di Dio culinario e fa la vita da "snob", mentre nei villaggi veri si cerca la sopravvivenza. Mi chiedo dunque se è giusto che questi paesi non vengano mai aiutati e continuino ad essere chiamati "terzo mondo", quando con un minimo sforzo e senza deturpare l'ambiente, si potrebbe fare davvero tanto. Le strade percorribili sono davvero poche, anzi possiamo dire che ne sia presente una sola che congiunge nord e sud, le auto però non sono brutte o particolarmente vecchie, in giro si vedono molte bici, moto, jeep e pulmini giapponesi; il vero problema di Zanzibar è la sanità. Le scuole di Zanzibar sono come le case, estremamente povere, senza vetri, gli alunni fanno lezione praticamente all'aperto; ad ogni modo vi è anche un'università. I bambini e i ragazzi vanno a scuola in due fasce orarie, una mattiniera e una pomeridiana; alle sei di sera le strade si riempiono di giovani che hanno terminato la giornata di studio (i loro abbigliamenti sono: per i maschi camicia bianca e pantaloni blu, per le femmine velo in testa bianco e vestito lungo blu). Anche il clima è particolare, nell'arco di una giornata può piovere più volte e spuntare subito dopo il sole. Le temperature in media sono sui trenta gradi pomeridiani, ma il sole è davvero tremendo quando picchia, brucia davvero parecchio da "sembrare una leone che graffia" (è così potente poiché siamo molto vicini all'Equatore e i suoi raggi cadono praticamente in perpendicolare). Zanzibar è anche un'isola assai piovosa, questo giustifica la straordinaria vegetazione lussureggiante; durante il mio soggiorno ha piovuto in misura significativa nelle mattinate.

KIWENGWA:
E' la spiaggia dove ho soggiornato, qui si affacciano alcuni hotel dei turisti europei, inseriti però nel contesto naturale senza rovinarlo o impoverirlo; le poche persone locali ad abitare Kiwengwa sono quelle del villaggio chiamato "Kairo" (con le consuete capanne in fango). Questa spiaggia è una distesa infinita di sabbia bianchissima, dura e compatta se si cammina sopra, ma di consistenza simile al talco se bagnata; le alte piante tropicali fanno da stacco e ornamento a questo bellissimo ambiente naturale che vanta un mare da favola, con delle gradazioni che lambiscono tutte le possibili sfumature del celeste. Per effetto delle basse maree si può arrivare alla barriera corallina direttamente a piedi, passando su di un mare che sembra surreale; le acque non superano mai le ginocchia e hanno una trasparenza incredibile, resa ancor più accecante dal candore del fondale corallino. Caratteristiche e sempre parcheggiate in acqua, sono le piccole imbarcazioni in mogano, che rendono il luogo sonnecchiante e senza tempo. In spiaggia è possibile incontrare i "guerrieri Masai" (pronipoti dei feroci cacciatori centroafricani dell'antichità), ma non bisogna temere non sono minacciosi, tutt'altro, sono molto simpatici oltre che caratteristici; con i loro sgargianti abiti rossi danno alla vacanza quel tocco di Africa vera. E' sicuramente un posto consigliato per rilassarsi malgrado l'attitudine turistica.
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GIRO DELLE SPEZIE:
E' stata la prima escursione che abbiamo fatto, ci siamo diretti nelle piantagioni di Kidichi nella parte centro-occidentale dell'isola, in zona villaggio di Bububu (durata del trasporto da Kiwengwa, circa un'ora). Mentre ci avvicinavamo con il pulmino, eravamo già colpiti dal delicato profumo dell'aria che cambia sempre, ma non perde l'ottima fragranza; una volta arrivati ci siamo addentrati nella magnifica vegetazione zanzibarina ed ecco decine di piantagioni di ogni tipo di spezia e frutta, dal mango alla citronella, dalla manioca all'ananas, dal cardamomo alle banane, passando per la vaniglia, lo zenzero, la cannella, i chiodi di garofano, il pepe, la noce moscata, lo zafferano, il curry e tante altre ancora. Oltre al loro uso culinario e al loro buon sapore, hanno anche scopi terapeutici, ad esempio abbiamo scoperto che la cannella serve per curare il mal di testa, la sua radice serve contro il mal di gola (ha lo stesso profumo del Vicks VapoRub) e i chiodi di garofano possono servire contro il mal di denti. Finita la visita "teorica", siamo passati a quella "pratica", bevendo degli squisiti thè aromatizzati con questi infusi e gustando ananas freschi e banane appena colte.
Come seconda escursione abbiamo optato per l'incontro con i delfini nella baia di Kizimkazi e la visita dell'unica foresta tropicale dell'isola, ossia Jozani Forest, dove sono in libertà e in gran numero le simpaticissime scimmie di Zanzibar (i Red Colobus). Kizimkazi si trova all'estremo sud dell'isola, per raggiungerlo necessitano più di due ore di viaggio da Kiwengwa; appena arrivati siamo stati abbastanza sfortunati poiché pioveva, ma siamo riusciti lo stesso ad uscire in mare a bordo delle peculiari imbarcazioni in legno di mogano ed avvistare i delfini. Questa baia, oltre ad avere bellissime spiagge incontaminate, è chiamata dei "mille delfini", poiché se ne vedono sempre e ne sono presenti di due specie: il tursiope e l'indopacifica. Dopo aver fotografato le pinne a pelo d'acqua di questi mammiferi marini, abbiamo pranzato a base di piatti tipici e pesce. Nel pomeriggio ci siamo diretti alla foresta di Jozani, situata nel centro-sud dell'isola, essa è un'area protetta dove sono regine le scimmiette dal pelo fulvo, chiamate "Colobo rosso di Kirk". Le scimmie di Zanzibar sono a rischio estinzione perché sono endemiche, cioè vivono soltanto in questi spazi. La foresta è un unico esempio di come si presentava l'isola molto tempo fa, ossia totalmente ricoperta dalla giungla tropicale. In questa macchia verde crescono in gran quantità e rigogliosi: i mogani rossi, le felci, le piante di ebano, le palme da olio e una caterva di alberi strani, tipici delle zone tropicali. La particolarità delle piante è quella di avere le radici orizzontali, che sembrano quasi uscire dal suolo, poiché secoli fa era tutto ricoperto dal mare e si possono ancora trovare i resti della barriera corallina che impediscono alle radici di avere una crescita troppo in profondità. Di fronte a Jozani Forest si può ammirare un grande mangrovieto, composto da decine di caratteristiche mangrovie con le loro radici nere ed intrecciate; qui trovano dimora famiglie di minuscoli granchi e altre piccole forme di vita.
E' indimenticabile la visita dell'unico insediamento urbano dell'isola: Zanzibar Town, chiamata anche Stone Town, "la città di pietra". Venne inizialmente fondata da pescatori indigeni ed è stata teatro di mille vicissitudini tra cui il passaggio dei portoghesi, dei conquistatori arabi, il periodo di splendore con il sultano e del protettorato inglese. Il miscuglio di arabo, africano e indiano, dona alla città il fascino e il sapore del luogo esotico; anche la popolazione è essenzialmente divisa in africani ed indiani. Per visitare la città è stata sufficiente una mattinata, per raggiungerla abbiamo impiegato circa quarantacinque minuti da Kiwengwa. Stone Town è divisa nella città vecchia, dove sorgono i principali monumenti e nella città nuova, dove è presente il maggior insediamento di persone che vivono in vere e proprie "favelas". La concentrazione di gente è molto elevata, infatti racchiude in sé circa un terzo della popolazione di tutta l'isola; Stone Town si presenta come una città caotica e in certi punti anche sporca purtroppo, la sua periferia è molto ampia ed è totalmente costituita da baracche in lamiera con mura diroccate che hanno la funzione di casa o piccolo negozio (in questi negozietti si può trovare di tutto). Personaggio importante per Zanzibar e per tutta l'Africa centro-orientale fu Livingstone, scopritore ed esploratore inglese di inizio Ottocento che diede un contributo massiccio all'abolizione della tratta degli schiavi; raggiungendo il centro città siamo passati davanti alla sua casa. La nostra visita è cominciata dal mercato, molto caratteristico, dove le merci principali risultano essere la frutta e le spezie, non mancano poi pesce, cosmetici, detersivi e tanto altro ancora. Ci siamo quindi diretti verso la bella Chiesa Anglicana, completata a fine Ottocento per celebrare la memoria degli schiavi; sorge infatti nel luogo dove si teneva il mercato degli schiavi e dove a milioni venivano venduti per essere mandati a lavorare in ogni angolo del mondo. Sotto la chiesa vi sono ancora le catacombe dove venivano messi gli schiavi, siamo entrati per vederle e per un attimo ho provato orrore nel pensare che in uno spazio così piccolo, venissero inseriti un gran numero di uomini e donne. Poco distante s'innalza la Casa delle Meraviglie (o Casa del Sultano), fatta erigere dal sultano all'epoca della sua dominazione; si chiama così perché è stata costruita seguendo un progetto avveniristico, con l'ascensore, vaste balconate e un'impronta tutta orientale (qui per la prima volta di tutta l'isola fu fatta passare la corrente elettrica). Oggi ospita un museo sugli usi e i costumi del popolo zanzibarino; nei pressi di questo sontuoso edificio abbiamo potuto ammirare il Forte Portoghese. In città si vedono altri edifici simili alla Casa del Sultano, cioè bianchi e decorati, però più modesti. Dalla Casa delle Meraviglie, seguendo un dedalo di strade circolari (ripavimentate e riasfaltate grazie all'ausilio dell'UNESCO), si può fare tutto il giro del centro storico e vedere le antiche case di pietra che hanno strepitose porte in legno e ottone, tutte decorate e intarsiate. Nelle viette centrali vi sono parecchi negozi che vendono un po' di tutto, anche la casa natale di Freddie Mercury è oggi un negozio di souvenir. Come congedo della nostra permanenza a Stone Town, ci siamo soffermati a guardare il porto, davanti al quale si vedono tre piccole isole, quella centrale è la più famosa, chiamata Isola delle Tartarughe. Il mare attorno al porto è alquanto torbido e non balneabile.
E' una bellissima ed ampia spiaggia situata sulla costa orientale, semideserta e capace di offrire momenti di intensa gioia. Per raggiungerla, da Kiwengwa, abbiamo impiegato un'ora e mezza in direzione sud (escursione effettuata in taxi, a differenza di quelle dei giorni precedenti, svolte con il pulmino e organizzate dall'hotel). Lungo questo litorale sorge un solo hotel, in compenso però, vi sono delle lussuose ville direttamente vista mare, che sono sicuramente proprietà di alcuni personaggi dello spettacolo. Bwejuu è un luogo meraviglioso per rilassarsi completamente, distanti dal clamore della vita reale e più vicini alla natura, in un contesto fatto di sabbia bianchissima, conchiglie di ogni genere e colore, un meraviglioso palmeto che attornia la spiaggia e un mare azzurro. Grazie al costante fenomeno delle basse maree, abbiamo assistito alla pesca fatta ancora come una volta dai pescatori locali, ossia con le reti e le mani nude. A Bwejuu vi è anche l'omonimo villaggio, costituito da diverse casette non più di fango, ma di cemento, dove gli abitanti seguono ogni giorno la stessa routine di vita.
E' la spiaggia più bella di Zanzibar, considerata un vero e proprio paradiso terrestre, situata nella punta nord dell'isola, distante un'ora da Kiwengwa (escursione effettuata in taxi, gli ultimi quattro o cinque chilometri sono di strada sterrata). Anche qui vi è un piccolo villaggio di capanne che porta lo stesso nome, attraversato il quale si accede alla spiaggia, che regala paesaggi da cartolina. La sabbia candida è polvere di corallo, leggera e finissima, uguale a quella usata per le clessidre; l'oceano ha sfumature straordinarie ed è sempre tranquillo. In alcuni punti il verde delle vegetazione è diviso dalla spiaggia grazie a scogliere, tutte con forme strane, di colore bruno e traforate come fossero grandi spugne. A Nungwi è possibile vedere all'opera i carpentieri zanzibarini che costruiscono a mano e con poveri utensili, le tradizionali imbarcazioni (i "dhow"), con lo stesso progetto con cui erano fatte anche centinaia di anni fa (inutile dire che su questa spiaggia si è avvolti da un completo relax e il dolce far niente prevale su tutto il resto). Le strutture turistiche stanno già purtroppo mettendo occhi e portafogli su questo ameno territorio e si spera che non esagerino troppo... Nelle adiacenze di Nungwi spuntano dei baobab.
E per finire... "Jambo" Zanzibar...       Localizzazione viaggio
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A Zanzibar si direbbe: "hakuna matata"

Foto di Zanzibar (paesaggio)


TANZANIA, diario di viaggio di Zanzibar

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