STATI UNITI:
diario di viaggio di Antonia Scaligine

 
VIAGGIO A NEW YORK... -OTTOBRE 2004-
racconto di Antonia da Taranto


Con un volo di linea "Delta Air Lines": "da Roma volo a New York". All'alba di una notte insonne e galvanizzante, uno squillo di telefono mi sveglia e una voce statunitense mi dice: "Hello... è ora di volare... di abbandonare ogni tua paura e di salire su quel volo, Roma-New York". Intender non la si può chi non la prova la paura e la gioia nello stesso momento. La mia mente è ancora intorpidita, indugio lì, sulla mia porta, esitando, ma, il suo richiamo io l'ho udito anche in silenzio ed ora è con me e felice volo lì, nella "Big Apple". Dieci giorni a New York, nell'ombellico del mondo, la città cosmopolita, amore a primo morso... Era un sogno di viaggio o un viaggio di sogno ciò che stavo per fare il 12 ottobre del duemila e quattro? Per me è stato un dolce pizzico al mio torpore. Come quella mitica notte stellata quando Colombo da una delle sue famose caravelle, gridò "Terra-Terra", ebbene, anche io, avrei pronunciato con un filo di voce un po' esitante, ...America!!... e tutto questo grazie al mio computer. Vi state chiedendo come mai! Io l'ho scoperta senza alcuna fatica con una breve e semplice e-mail. L'America si sa da sempre è considerata la terra dell'emigrazione, ebbene là quasi un secolo fa, al tempo della famosa "ver sacrum" emigrò un mio zio di cui non conoscevo neppure l'esistenza. Cominciò così... "un cugino lontano si mise in cerca delle sue origini ed io senza esitazioni gli inviai un messaggio con un affettuoso "hello", seguito da un lieto incontro in Italy". Giunta all'aeroporto Kennedy, dopo un viaggio sereno e felice di aver poggiato i piedi per terra, ecco che inizia l'attesa alla dogana, tutti i preliminari per poter passare dopo la grande paura dell'11 settembre di tre anni fa. Il mito degli Stati Uniti continua a vivere nei cuori di tutti noi. Quindi, anche se non volevo ammetterlo in me c'era, insieme alla paura di volare, l'eccitazione di conoscere, di vedere, certamente più forte della stessa paura. "America... il paese del dinamismo, della democrazia, della libertà...". Ma davvero l'America è tutto qua? No!! Per me si era aperta la porta sul nuovo mondo, grande, pericoloso, splendido, ma anche la porta della mia gabbia pronta per spiccare in volo, mi ritrovavo in una mano il passaporto, nell'altra una valigia, e nel cuore l'ansia, la paura, ma tanta felicità. New York, affascinante ineguagliabile che lega in sé tutto un mondo di culture, energia, di arte tutte le sfaccettature di una mela che ad ogni morso è un gemito di bellezza, di successo, denaro e libertà. Non c'è altra città al mondo così ricca di associazioni, di idee, immagini. Skyline una linea nel cielo, skyscrapers che grattano il cielo, Broadway, Harlem, Wall Street, torri che svettano sempre più su forse per la mania di arrivare lassù? Oppure solo il modo per dare di più? Lavoro, uffici, case e per ampliare la città era necessario arrampicarsi sempre più in su, il distintivo della verticalità. Voragini, numeri, strade. Fifth Avenue, Sixth Avenue, città nella città con tutte le loro grandezze, luci e signorilità con i loro palazzi, edifici, cartelloni, video e pubblicità, era come camminare in un bel film. Il famoso marmoreo edificio sorvegliato dalla potenza dei leoni, simbolo della potenza e forza della città... Il Rockefeller Center dal nome del multimiliardario, gigantesco come la sua fama e il suo denaro. Una grande piazza in cui sciorinano oltre alle bandiere con le stelline anche millanteria e sfarzo in quantità. Vicino alla Saint Patrick's Cathedral, non molto frequentata, troneggia, davanti all'ingresso di un portone, il dio Atlante, che sulle sue spalle da solo sostiene tutto il mondo. Tiffany, il macigno della appariscenza il gioiello della gioielleria. Le limosine, dove uno chauffeur apre lo sportello ad un signore vestito in pompa magna. Ma c'è anche il venditore ambulante che vende la sua roba davanti a negozi di una ricchezza traboccante, mendicanti che chiedono un cent, accanto a coloro che cambiano grossi biglietti per donare quel cent... Purtroppo è il mondo che va così, c'è chi deve portare sulle spalle il peso dei rifiuti, chi invece deve portarsi solo il peso dei gioielli. Tristezza e miseria, come in quei quartieri al di là del fiume Hudson, Harlem dove infuria la fame contro l'abbondanza, il nero contro il bianco, e ancora la paura dell'America bianca. Mattoni color ruggine, uno su l'altro, palazzi affumicati dallo smog dove si immagina solo un colore, the black. Il ghetto della piccola Italia, dei portoghesi, dei cinesi, degli spagnoli. Che cosa dire? Io non li ho visti, ma posso immaginarli. C'è un mondo in miniatura sotto quel grande manto di ricchezza, di luci, di poster di New York... Ma è bella New York. Oh! Yes!! it is beautiful. Libera da ogni pregiudizio almeno così dovrebbe essere dal momento che rappresenta la democrazia e la libertà, ma ancora piena di formalità. Piace a tutti, al bambino, al vecchio, al povero... certamente piace anche a me... Quanta tristezza mette nei cuori quella parte di Manhattan dove all'altezza di un tempo ora c'è solo la profondità, il dolore per chi non c'è più, una voragine "Ground Zero". Qui un tempo il verbo si fece carne, ma ora è diventato di nuovo spirito. Basta possedere denaro come Rockefeller e comprare pezzo su pezzo, colonne, capitelli, quadri, statue, monumenti, dipinti e sculture da ogni parte del mondo; "comprare l' antichità" per riportarla, ricostruire tra quei meravigliosi chiostri che ho visitato nel Museo di "Cloisters", una messa in scena storica e archeologica. Andiamo avanti con le bellezze, che son tutte lì nella Manhattan, i superlativi della New York. Empire State Building. Quando sentivo questo nome pensavo ad uno stato, ad un impero, e mi vedevo King Kong che troneggiava sulla sua cima. Ebbene, non mi sono allontanata troppo, quel macigno di acciaio è davvero un impero da cui si può ammirare dall'86° piano un mondo in cartolina, in miniatura. Ci sono terrazze panoramiche piene di vetri e, quando il tempo è bello, si può godere (attraverso una cancellata per non offrire alcuna chance a coloro che vogliono vedere New York e poi morire) una città ordinata, tranquilla, come se una mano invisibile muovesse il tutto, mentre laggiù imperversa la città furente caotica e in movimento. Tra gli edifici più vicini c'è la torre del Chrysler Building, capolavoro dell'art déco. Altro edificio originale si trova nella Fifth Avenue, là ad incrocio tra la Broadway, "il Flatiron Building", o ferro da stiro per la sua forma bizzarra. Brooklyn fondata dagli olandesi è un borough di New York distretto amministrativo, come Bronx, Manhattan, Queens, Staten Island. Ecco perché New York è una scacchiera, le sue pedine sono i suoi quartieri. I suoi parchi, infiniti, verdi e puliti che non sai da dove iniziano e dove finiscono. Quei prati umidi e palpati di foglie e dalla luce, dove i colori giocano al vento, mentre il colombo tuba sul ramo, di un albero spoglio e lo scoiattolo che si stropiccia gli occhi, la carrozzella con i cavalli bianchi che tra tutta quella modernità sembra apparire un mezzo di eccentricità. Grande, bella per le sue sfaccettature New York brilla tra oceano e fiume, tre le scogliere di Palisades che danno all'Hudson un passaggio eroico, al centro la maestosa Statue of Liberty. In un 'epoca in cui si vive di televisione, di film, di foto, di macchine digitali New York è la città capace di associare tutto questo e scaraventarti in una pellicola di un film come comparsa, oppure come una star. Nelle sue distese foreste, infinite, con un paesaggio da favola e ben curato, l'autunno appare meraviglioso tra i rami e foglie variegate degli aceri rossi che costellano le lunghe strade. I pochi castelli che si notano lungo il fiume Hudson sono stati costruiti grazie ai grandi patrimoni e ricchezze di coloro che hanno comprato e portato lì. Vanderbilt, ora un museo, la casa di Rockefeller, del presidente Roosevelt. Mentre viaggiavamo direzione Washington, un verde sipario di alberi si apriva davanti a noi: la Pennsylvania, Philadelphia, Baltimore, la Virginia, tutto per arrivare a Washington DC (District of Columbia). Questa città è bella, pulita, ordinata la natura è stupenda incontaminata sembra una città in un parco. Un rombo costruito in quattro quadrati astratti che si dipartono dal Campidoglio. Città ricca, opulenta, fiera di se stessa dove fiorisce la massa politicante e dove si esalta il patriottismo americano al grido "Dio salvi l'America", ma forse intendono solo la Casa Bianca, l'Obelisco, il Campidoglio e il Memorial di Lincoln, tutto ciò che sa di nazionalità. Bello e certamente unico, il più visitato è il National Air & Space Museum. Gli apparecchi, i motori, le capsule spaziali sono messi in scena in modo sconvolgente, si possono toccare, come quel pezzetto di luna, o entrare e farsi un bel giro tra stelle e pianeti che ti girano intorno. Abbiamo toccato, passato in rassegna, accarezzato fattorie e ranch, come in un film, paesaggi nei paesaggi, un cortometraggio di una lunghezza eccessiva, di traffico ordinato e scorrevole lungo quelle grandi strade e lunghi ponti che visti da vicino sembravano dei giganti mentre si innalzavano, si incurvano ed univano città, paesi, mare, fiumi e monti. L'incontro con questa mia nuova famiglia newyorkese è stata l'emozione più commovente piena di tenerezza, un ritrovarsi tra parenti di cui non conoscevo la provenienza. America accetta il mio saluto chissà se è un addio o un arrivederci perché ormai arrivato il momento di lasciarti. La città di luci e di splendore sta sparendo sotto i miei occhi, anzi sotto di me. Mentre l'aereo piano, piano decollava sparivano le luci, mentre in cielo si accendevano i colori di un spettacolare tramonto in quella luce vera, luce divina, tutto scompariva e la oscura notte giungeva con suoi graziosi passi, brevi molto brevi, nella luce mi sono ritrovata, in quella cascata della luce mattutina che toccava la fronte dell'aurora e la dipingeva di un colore rosa pallido. Con gli occhi spalancati di stupore, tra i pensieri che dentro di me sonnecchiavano impigliati in un sonno che non c'era, ho solo mormorato: "stupendo! Cosa avrei potuto dire di più?". Non avevo altre parole per definire il tutto, oscurità-luce. In quelle linee di colori c'era la tristezza, ma anche la gioia, i colori della tavolozza della vita mia, della mia bella Italia che sentivo dentro di me e che vedevo sotto di me, mentre l'aereo a Roma atterrava. Chi sono dunque? E' tanto strano, fra tutte le cose che ho visto resto sempre quella piccola cosa, con due gambe, due occhi, ma con un cuore pieno di gratitudine, di bellezza, di amore, quella cosa che si chiama Antonia.

Antonia Scaligine da Taranto
sergiocitriniti@alice.it

New York, foto di Antonia   New York, foto di Antonia

New York, foto di Antonia
[Leggi anche il mio primo diario degli U.S.A.] ...contiene alcune delle mete citate
[Leggi anche il mio secondo diario degli U.S.A.] ...contiene alcune delle mete citate





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